Mi chiedo la tristezza che cos’è

  
Non serve un motivo per essere tristi. La tristezza non ha regole o motivi precisi. 

Ci sono giornate di sole che si dissolvono in fitti banchi di tristezza e gocce di pioggia che cadono e colano sul viso disegnando sorrisi immensi. Ci sono donne sole e felici e madri di famiglia irrimediabilmente tristi. Ci sono persone che sparano e sono felici, rubano e sono felici, mentre i tristi si nascondono dietro serene tastiere e popolano onesti seggiolini di treni. Ci sono persone che gettano la tristezza dai cavalcavia per scoprirsi di nuovo tristi una volta a casa. 

E le canzoni. Ah, le canzoni. Le melodie tristi fanno sorridere, confermando l’assenza di regole nella malinconia. E più un disco è triste, più ascoltandolo la tristezza vola via. La felicità e la spensieratezza nelle canzoni dei Ramones erano direttamente proporzionali alla tristezza e alla disperazione dentro di loro. Il degrado e le canzoni felici che nascondono pillole amare. Ma non basta un poco di zucchero. Altrimenti si creerebbe una regola, dando ordine e schematicità alla tristezza. 

Mi chiedo spesso la tristezza che cos’è e mi dimentico sempre di rispondere. Non esiste un buon motivo per essere tristi, ci si sveglia tristi e basta. Però esiste una buona ragione per scrivere una canzone intrisa di malinconia, da lasciare a chi ne avrà bisogno, quando un giorno deciderà di mettere ordine alla propria stanza delle nostalgie. Una penna malinconica si nutre quasi sempre di inchiostro felice. Scrivere di tristezze per sorridere. Scrivere di tristezze per volare via. 

Basta poco per essere felici.

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